Siamo lieti di darvi il benvenuto a questo corso accreditato ECM dal nome W.o.n.d.e.r. livello 1: Autismo e Disturbi motori del linguaggio_Avviamento dell'imitazione e delle abilità vocali.
Il corso nasce dall'integrazione della scienza della logopedia con la scienza dell'analisi applicata del comportamento. Questa fusione è possibile grazie ad una formazione interdisciplinare a livello universitario e alla collaborazione quotidiana sul campo in equipe multidisciplinari.
L'obiettivo del corso è di promuovere un modello di analisi, valutazione ed intervento mirati alla popolazione autistica minimally-verbal.
La letteratura internazionale, anche quella più recente (Chenausky, Maffei, Tager-Flusberg e Green, 2023) suggerisce l'importanza di valutare adeguatamente le abilità vocali di questa popolazione sviluppando un modello di intervento che sovrasti le barriere implicite dovute alle difficoltà comunicative e linguistiche.
Con questo corso, che ha avuto una lunga gestazione e ha alle spalle cinque precedenti edizioni, proponiamo la nostra visione di intervento in linea con l'acronimo W.o.n.d.e.r._working on natural development and evidence-based research.
Troverete la dimensione "natural development" nella condivisione di aspetti che riguardano le traiettorie dello sviluppo tipico e dello sviluppo autistico e la dimensione "evidence-based research" nelle numerose fonti letterarie citate che fanno da base per la costruzione delle scelte riabilitative.
La dimensione "working on" sarà invece la base, il mezzo e il fine di ogni modulo, senza dimenticare gli incontri sincroni inclusi nel vostro percorso di formazione.
Molti bambini e ragazzi con autismo presentano difficoltà di linguaggio associate alla diagnosi primaria. Il disturbo di linguaggio non costituisce un criterio diagnostico per l’autismo, ma è definito “specificatore” della diagnosi accanto al profilo cognitivo.
Questo significa che, nell’autismo, le difficoltà di linguaggio sono presenti solo in alcuni bambini e ragazzi, e non in tutti. La difficoltà di linguaggio può presentarsi a diversi livelli, di cui, il più basilare è la coarticolazione delle parole.
Comunicare e parlare sono due cose diverse e molti bambini raggiungono un discreto sviluppo della comunicazione, anche senza aver mai parlato. Tuttavia, un impedimento nella produzione di parole vocalmente (per vocalmente si intende dire a voce le parole), si ripercuote a cascata sui livelli di linguaggio più complessi e può rallentare la programmazione educativa e lo sviluppo di altre abilità.
Rose e colleghi (Rose et al., 2016) definiscono minimally verbal quei bambini che producono tra le 5-15 parole intellegibili solo al nucleo familiare più stretto, come i genitori o chi passa buona parte della quotidianità con il bambino imparando ad interpretare le sue produzioni. Questi bambini solitamente sanno articolare poche consonanti, ossia possiedono un basso repertorio consonantico, e pronunciano le vocali in modo non chiaro rendendole poco distinguibili le une dalle altre.
Quando devono pronunciare insieme consonanti e vocali per produrre delle sillabe, o mettere insieme delle sillabe per dire delle parole, ossia quando devono coarticolare, i suoni diventano meno accurati: in alcuni casi i suoni vengono sostituiti, in altri omessi e spesso le sillabe vengono pronunciate separatamente all’interno delle parole.
Dire le parole sillabandole, ossia effettuare una segregazione sillabica, è più semplice per questi bambini. La sillabazione porta ad un alleggerimento del carico di programmazione ed esecuzione articolatoria, nello specifico permette al bambino di non dover gestire le transizioni, ad esempio, tra una vocale e la consonante successiva.
Se coarticolare una parola è come una danza, sillabare una parola è come ballare separando i singoli passi che compongono la coreografia. Lo spettatore della danza non sarà in grado di coglierne il senso, proprio come l’ascoltatore della parola non sarà in grado di capire quello che è stato pronunciato. Da una tesi di laurea di Daddio (Daddio, 2022), su un campione di 25 bambini autistici di età compresa tra 3,6 a 14 anni, emerge che la sillabazione è uno dei fattori che impatta maggiormente sull’intelligibilità della parola.
Daddio ha analizzato un campione di parole in ripetizione e denominazione con doppio metodo, trascrizione fonetica con IPA e analisi acustica con PRAAT. L’autrice ha poi isolato 10 parole con alcune alterazioni prosodiche peculiari e ha sottoposto la registrazione audio di queste parole isolate dal contesto a 20 uditori non familiari con il bambino. Lo scopo di questo test era quello di valutare quali parametri di alterazione prosodica fossero maggiormente interferenti con la capacità dell’ascoltatore di capire ciò che era stato comunicato.
La sillabazione è risultato uno dei tre fattori più invalidanti accanto alla durata consonantica nelle geminate, ossia le parole con le doppie (nello specifico consonanti occlusive come p, t, k). Rispetto alle parole geminate, l’autrice riporta che un errore ricorrente nei bambini autistici del campione è stato quello di allungare la vocale pre-consonantica nel probabile tentativo di produrre la doppia. Anche questo aspetto sembra aver influito sul grado di intelligibilità rilevato.
Immagine tratta da Daddio (2021). La figura mostra l’analisi acustica con PRAAT della parola farfalla prodotta con sillabazione – [ˈfa..ˈfaˈl:a]
La letteratura suggerisce alcuni strumenti per affrontare la difficoltà di coarticolazione. In alcuni casi è necessario l’utilizzo di physical prompt, o prompt di guida fisica che possano guidare fisicamente gli articolatori (es. la mandibola o le labbra del bambino) nell’effettuare la transizione tra una sillaba e quella successiva senza “interrompere” la voce o effettuare delle traiettorie poco efficienti.
Con alcuni bambini è efficace l’uso del chaining (Tarbox et al., 2009) che è una procedura di modeling in cui la parola viene segmentata e poi ricomposta grazie all’uso di intrastimulus prompt (facilitazioni interne allo stimolo) che sottolineano le caratteristiche di passaggio tra una sillaba e quella successiva. Una ricerca su soggetto singolo (Caligari, 2007) su un bambino autistico di 7 anni ha applicato la procedura del chaining basandola su un principio di accentazione.
In questo studio sono state applicate procedure di forward chaining (concatenamento anterogrado) o backward chaining (concatenamento retrogrado) ad un gruppo di parole composte da tre sillabe con accento lessicale piano e sdrucciolo.
La procedura è risultata efficace e progressivamente più efficiente raggiungendo dopo 14 sessioni di logopedia l’ecoico generalizzato di parole trisillabe piane e sdrucciole. Per ecoico generalizzato si intende la capacità di ripetere correttamente una nuova parola mai insegnata prima, con poche prove di insegnamento, es. una o due occasioni di ripetizione. Le parole più semplici sono risultate essere quelle che presentavano solo due consonanti, ossia una parte della parola reduplicata (es. patata le cui consonanti sono P-T-T; bibita le cui consonanti sono B-B-T).
Immagine tratta da Caligari (2017). La figura mostra l’acquisizione delle parole target. Alla 14esima sessione tutte le parole risultano acquisite dal bambino.
Il chaining sembra essere una procedura di insegnamento dell’analisi applicata del comportamento, ben applicabile all’insegnamento di parole più lunghe e complesse. È una procedura definita a basso sforzo e di tipo errorless-teaching, (Sweeney-Kerwin et al., 2006) ossia un apprendimento che limita il numero di prove errate poiché insegna al bambino come imparare.
Applicazioni del chaining sono già utilizzate in alcuni programmi di insegnamento per la disprassia verbale (Kaufman, 1998) e sono in fase di pubblicazione per la lingua italiana (Caligari & Mazzarini in press).